comunità pastorale madonna delle lacrime

Treviglio e Castel Rozzone

La lettera pastorale dell’Arcivescovo

«La mia intenzione non è di proporre una sintesi dottrinale su temi delicati e complessi. Desidero piuttosto mettere in evidenza il principio fondamentale del vivere e il punto di partenza per le scelte alle quali la responsabilità di ciascuno non può sottrarsi… Credo che vivere la fede come amicizia, sequela, comunione con Gesù sia la condizione per riconoscere di vivere una vita ricevuta in dono e costituisca l’antidoto più necessario per resistere alla tentazione dell’individualismo radicale che, a mio parere, sta portando al suicidio della nostra civiltà».

Parole ferme, quelle usate da monsignor Mario Delpini nella Proposta pastorale per l’anno 2023-2024, dal titolo Viviamo di una vita ricevuta. Un’analisi di questioni discusse nel dibattito pubblico affrontate con il consueto stile del dialogo, ma anche con l’indicazione esigente di una testimonianza limpida del Vangelo: «Siamo insieme credenti e non credenti – sottolinea l’Arcivescovo -, terra assetata che invoca la fonte che zampilla e terra promessa che offre speranza ai nostri contemporanei. Perciò impariamo e cerchiamo di praticare lo stile di Gesù per percorrere le strade dell’inquietudine e dello scoraggiamento, per imparare a dialogare, per seminare speranza».

L’obiettivo di Delpini è quello di «suggerire attenzioni doverose e costanti che devono qualificare le proposte della comunità cristiana. Richiamo tutti alla vigilanza, alla lucidità, alla fortezza per evitare di essere reticenti, intimoriti o arroganti in un contesto caratterizzato da opinioni diffuse che confondono il pensiero, le parole, le proposte in ambito educativo e pastorale».

Non è facile essere cristiani in una società secolarizzata e anche banalizzata. Ne è consapevole l’Arcivescovo, ma invita a non abbassare la guardia: «Nel contesto in cui viviamo, la proposta cristiana può essere considerata come una sorta di stranezza d’altri tempi, può essere disprezzata come ridicola, può essere intesa come la pretesa di giudicare, come una invadenza fastidiosa. Ma i cristiani non vogliono e non possono giudicare nessuno… Non ritengono di essere migliori di nessuno. Sentono però la responsabilità di essere originali e di avere una parola da dire a chi vuole ascoltare, un invito alla gioia».

Ecco in particolare i capitoli affrontati nel testo: «Con questo spirito incoraggio tutti a non rinunciare alla responsabilità della testimonianza, della proposta, dell’accompagnamento educativo sui temi che riguardano l’educazione affettiva, la preparazione al matrimonio religioso, l’accoglienza della vita, il lavoro, la pace, il tempo della terza età».

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